Noragami: il favore divino al modico prezzo di 5 yen.

Avete problemi con le pulizie del bagno e la muffa non vuol saperne di abbandonare le vostre piastrelle?
Avete smarrito il vostro adorato micetto e senza di lui non potete vivere?
La vostra ragazza vi ha piantato dopo avervi ridotto sul lastrico?
O siete perseguitati da un tremendo demone che non la smette di tirarvi i piedi a letto?

Niente paura! Non c’è (quasi) nulla che sia impossibile per lui, dopotutto è un dio…
o meglio è una divinità minore che, concedendo grazie a destra e a manca alla modica cifra di 5 yen  (0,041 centesimi di euro!) sta cercando di risparmiare per costruire il proprio santuario!
Sto parlando del dio Yato, lo spiantato protagonista dell’anime (e dell’omonimo manga) Noragami.

Ho scovato questa serie su Netflix (ahimè è disponibile solo la prima stagione) e devo dire che l’ho trovata davvero piacevole e divertente. Recupera a piene mani caratteristiche dei grandi classiconi shonen di combattimento della grande Rumiko Takahashi, come Ranma e Rinne, come le situazioni tragicomiche, l’umorismo demenziale, le esagerazioni e il rapporto di odio/amore tra una tsundere particolarmente in forma, che spesso e volentieri mena come un fabbro, e lo sventurato protagonista maschile, che ancor più spesso è il bersaglio di cotanta violenza e rischia più la vita per le percosse della dolce compagna che per gli attacchi del nemico.
C’è comunque spazio per momenti più introspettivi e drammatici (più in stile Inuyasha) e i personaggi sono ben caratterizzati e iniziano un’evoluzione in maniera coerente.

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Noragami si apre in maniera abbastanza classica: Hiyori è una giovane studentessa che s’incontra e si scontra con il protagonista Yato a causa di un incidente che la porterà a trovarsi in situazioni singolari, anche per il fatto di aver sviluppato la capacità di muoversi tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti, riuscendo a separare il suo corpo astrale da quello fisico. Ho trovato molto divertente l’espediente di farla diventare narcolettica per effettuare questo passaggio tra le due condizioni.
Ovviamente questo le rende possibile vedere spettri e divinità  e altrettanto ovviamente la caccia continuamente nei guai. Già qui si notano diverse similitudini tanto con Inuyasha, quanto con Rinne, sia per il legame tra i protagonisti maschile e femminile, sia per il risvolto sovrannaturale.

Quello che invece mi ha piacevolmente colpito è stato il character design dei mostri antagonisti: per lo più si tratta di spettri corrotti da sentimenti quali invidia e odio per i vivi e che hanno sembianze abbastanza diverse da quelle a cui ero abituata, per quanto riguarda i nemici dell’eroe. Sembrano usciti dalla mente di un bambino, esseri per lo più giganteschi e coloratissimi, spesso con forme che ricordano sembianze animali come scorpioni, pesci, rane, serpenti. L’ho trovata davvero una scelta interessante.

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Per quanto riguarda gli altri personaggi li ho apprezzati tutti: dalla simpaticissima dea della povertà e della sfortuna Koufuku con il suo look da Burusera, alla formosissima Bishamonten in succinti abiti da dominatrice con tanto di frusta, al venerabile dio della sapienza Tenjin, protettore degli studenti e kami tra i più ricchi e rispettati. Per non parlare del protagonista che nella realtà sarebbe il tipo d’uomo da evitare come la peste: pigro, irresponsabile, infantile e vestito sempre in tuta ma essendo in 2D è simpaticissimo e adorabile (inoltre ama i gatti, cosa che, lo ammetto, ai miei occhi gli fa guadagnare  un sacco di punti!)

Un’altra cosa particolare sono gli “arsenali” delle divinità: per combattere infatti ogni divinità si avvale di spiriti puri di persone morte improvvisamente (vittime di incidenti o omicidi), le quali hanno le sembianze di quando erano in vita, ma nel momento in cui vengono convocate dalla propria divinità patrona, mutano in letali Strumenti Divini, in grado di esorcizzare gli spettri impazziti per l’odio che prendano di mira gli esseri umani. Chiaramente il compito delle divinità è mantenere l’equilibrio tra il mondo dei vivi e quello dei morti, anche se non di rado avvengono scaramucce anche tra gli stessi Kami, a causa di vecchie ruggini. E Yato, fin dall’inizio sembra aver collezionato svariati motivi per creare ruggine in un lontano passato.

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Rispetto ad altre storie, come ad esempio Inuyasha, si riscontra poi una differenza: Yato quando incontra Hiyori sta già compiendo un proprio personale cammino di redenzione, anche se la presenza della ragazza lo sprona ulteriormente. Inoltre già dal primo incontro tra i due sembra esserci una sorta di effetto “colpo di fulmine”, anche se comunque il rapporto tra i due si fortifica e diventa più profondo nell’evolversi della trama.

L’impressione iniziale sarebbe che si tratti di uno urban fantasy leggero, ma questa prima stagione è come un antipasto che lascia intravedere qualcosa di più.
La tentazione di comprare il manga in blocco è forte…
Su Netflix trovate le prime 12 puntate, e considerando che hanno la tipica durata degli anime (20/25 minuti) vi scorreranno piuttosto in fretta, per poi farvi aggrappare alla TV e chiedere perché la piattaforma non abbia acquistato anche la seconda stagione (fatto realmente accaduto…)

Consigliato.

fede

FaithCat

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